a cura di Monica Montella
I popoli europei nel creare tra loro un’unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni. Senza dubbio questo è stato un obiettivo fondamentale raggiunto. Secondo la carta dei diritti fondamentali l’Unione Europea dovrebbe “promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile”.
Quando furono individuati i criteri di convergenza per poter aderire all’unione economica e monetaria, i famosi parametri di Maastricht non si è proceduto a risolvere la struttura anomala dell’impianto europeo in quanto priva di personalità giuridica e di risorse proprie che non permetteva di avvicinare maggiormente l’Europa ai cittadini. Si premette che abbiamo una europa disegnata a 17 paesi che fanno parte dell’euro, ma anche una europa di 28 paesi con la differenza dei paesi che non adotta ancora la moneta unica. Un disegno diabolico fatto da chi vuole che fallisca il progetto europeo.
Ma per un Europa solidale bisognerebbe:
1) Avere un bilancio unico della zona euro quale base per redistribuire la ricchezza e per assorbire eventuali shock di varia natura e per ridare un’avvenire alle generazioni future (utopistico ma possibile) oppure avere un bilancio statale affiancato ad un bilancio federale che compensa eventuali sbilanciamenti di spesa attraverso dei trasferimenti di fondi e provvede al finanziamento diretto (attraverso la tassazione federale generale) di alcune funzioni amministrative di interesse comune: difesa, sicurezza sociale, sanità ecc. In Europa non esiste una gestione centrale del welfare, delle garanzie bancarie e non ci sono spese federali.
2) Attraverso fondi autonomi l’Europa può perseguire politiche di investimento in vari settori strategici perché ormai si assiste da diversi anni ad un vero e proprio loro decadimento. Investimenti in innovazione e nuove attività produttive senza rispettare un limite del 3% perchè questo indicatore non può più esistere in un Europa Solidale.
3) In genere le imprese delocalizzano o per ridurre i costi – in particolare quelli del lavoro – o per avvicinarsi ai mercati di sbocco dei propri prodotti – e qui a volte l’incentivo fiscale che alcuni stati offrono alle imprese che trasferiscono gli impianti influisce in maniera limitata. Sostenere una politica fiscale equilibrata, perché, come abbiamo già analizzato, si deve evitare di avere paesi che hanno quasi il 70% di entrate a paesi che non arrivano al 50% comportando delocalizzazione di imprese in paesi i cui costi fiscali o del lavoro risultano più vantaggiosi. “Una vera unione fiscale – sottolinea Weidmann – sarebbe un passo importante verso la creazione di un contesto che bilancia responsabilità e controllo”.
4) Riequilibrare la composizione della spesa pubblica tra i paesi perché gli attuali squilibri hanno favorito alcuni settori produttivi a danno di altri dobbiamo evitare esempi di paesi come la Germania che con il 50% di quota di spesa pubblica in prestazioni sociali in natura ha influenzato il mercato interno di alcuni prodotti a danno di altri paesi europei.
5) Una politica comune del lavoro non può presupporre la spesa per le retribuzioni dei dipendenti pubblici massima in Svezia e Irlanda (27%) e minima in Austria (18%), Slovacchia e Paesi Bassi (19%) questo comporta inevitabili squilibri. Dobbiamo ridisegnare questa europa trasportando a livello sovranazionale le politiche espansive per renderle maggiormente efficaci e omogenee questo significa responsabilizzare tutti i paesi europei. La crescita dei salari, dovrebbe seguire, in media, la dinamica della produttività del paese e non dell’inflazione. Nel ridisegnare la mappa della contrattazione salariale (mettendoci pure il settore privato) si deve tenere conto del fatto che il livello dei prezzi non è lo stesso per tutti i paesi.
6) In Europa i quattro principali Paesi – Germania (28,4), Francia (19,5%), Italia (14,9%) e Spagna (10,2%) – che presentano elevate quote in termini di risorse economiche (PIL+IMP) – presi nel loro insieme coprono quasi i tre quarti dell’intera area euro 17. Inoltre in Lussemburgo si registra il maggior PIL pro capite a valori correnti (83.586 euro) e in Estonia il più basso (12.696 euro) con un rapporto di 7:1. Questi evidenti squilibri non permettono la realizzazione di un europa solidale. La delocalizzazione delle industrie tedesche all’est, la forte disuguaglianza dei salari in Germania e i forti surplus strutturali tedeschi hanno comportato conseguenze gravi in europa associate alle politiche sincronizzate di austerità (con la conseguenza che è crollato il reddito). Una correzione del reddito pro capite per scopi redistributivi potrebbe essere optato solo per quei casi in cui un paese è considerato responsabile di una politica economica di impatto negativo sull’economia del Vecchio Continente e che il fenomeno non è di breve durata (ad esempio la Germania con l’eccedenza commerciale del 7% ha creato disequilibrio). La multa inflitta al paese viene destinata in un fondo che ha come scopo la redistribuzione del reddito nei paesi maggiormente colpiti dalla crisi o dal disequilibrio.
7) I paesi dell’Euro sono stati impegnati, nel corso di questi anni, a rispettare il Patto di stabilità e crescita inseguendo un rapporto deficit/PIL inferiore al 3% e un rapporto debito/PIL che non superasse il 60%, senza preoccuparsi eccessivamente se ciò avesse comportato maggiori squilibri tra paesi. Tutto questo rigore va temperato con “misure attive di trasferimenti di risorse” non si può più finanziare solo banche o finanze pubbliche trascurando l’economia reale. Se poi consideriamo di come sono stati stabiliti questi indicatori è giunto il momento di deleggittimarli in toto.
8) Bisogna ridisegnare la politica per la concorrenza e la politica industriale a livello europeo in favore di una politica di sviluppo equilibrato e sostenibile che tenga conto delle esigenze dei diverse paesi perché i paesi strutturalmente non sono uguali. A problemi strutturali si richiedono soluzioni strutturali.
9) Bisogna ridisegnare un nuovo trattato in cui sia garantita una maggiore democrazia ormai risulta prioritario che le decisioni del bilancio dell’euro-zona debbano essere sottoposti al controllo parlamentare. Il Parlamento Europeo oggi ha poteri legislativi effimeri di controllo. Bisogna legittimare la democrazia all’intero sistema europeo, assegnando in esclusiva al Parlamento europeo il potere legislativo.
10) Bisogna aggiornare i parametri di convergenza diversificando le soglie della spesa pubblica (con l’utilizzo di soglie ad esempio minime per la spesa pubblica in educazione e ricerca o massime per la tolleranza di evasione fiscale o costi della corruzione).
11) Bisogna avere una visione comune di politica estera (strumenti integrati di politica estera), commerciale (la politica commerciale europea è il più grande mercato unico del mondo poichè abbiamo 28 paesi con 500 milioni di abitanti che si muove nel mondo e che fa accordi commerciali) e di difesa (per la difesa europea abbiamo 28 eserciti separati con un costo enorme per le duplicazioni che è di 200 miliardi di euro all’anno).
12) Bisogna superare la frammentazione amministrativa costosa dei paesi europei tra Amministrazioni pubbliche, Amministrazioni centrali, Amministrazioni di Stati Federati, Amministrazioni locali. Bisogna ridisegnare la macchina amministrativa europea con degli standard di qualità e di efficienza da far adottare a tutti i paesi europei in maniera armonizzata.
13) Mettendo insieme paesi con differenziali di crescita e di produttività diversi, con i quali si pensava si sarebbero aggiustati tramite le fluttuazioni dei tassi di cambio, ha costretto i membri dell’Eurozona a giungere all’equilibrio con più disoccupazione e tagli alla spesa pubblica, che stanno spingendo tutta l’Europa verso un declino progressivo. Con il risultato che l’euro è sotto-valutato per la Germania e risulta sopravvalutato per la Grecia. Bisogna correggere questi meccanismi di squilibri sull’apprezzamento dell’euro in Europa.
14) Ridisegnare le attività agricole e di allevamento in Europa ottimizzando i consumi nazionali interni ai paesi per specificità e caratteristiche dei territori Europei senza forzare coltivazioni o allevamenti in luoghi non ottimali per la specificità del prodotto o dell’allevamento.
15) In Europa gli Stati Nazionali sono stati svuotati dei loro poteri per affidarli a tecnocrazie europee soprattutto in materia di politica economica ma nel contempo non si sono sviluppati processi di democrazia diretta e partecipata. E’ necessario andare in Europa con l’obiettivo di dar vita a forme di rappresentanze e poteri leggittimati dalla democrazia partecipata. I cittadini europei devono essere al centro delle decisioni di questa nuova europa, non bisogna più assegnare i “poteri fondamentali ai “tecnici” della Banca Centrale Europea e della Commissione europea non eletti dai cittadini“.
16) La BCE deve diventare una banca centrale come ad esempio la Federal Reserve che abbia un doppio obiettivo cioè di preservare la stabilità dei prezzi ma soprattutto di favorire la crescita economica. Le politiche economiche strutturali della BCE devono godere della preventiva legittimazione del parlamento europeo.
Con la crisi economica senza minimamente preoccuparsi degli squilibri macroeconomici e strutturali si è posto, fino ad oggi, l’accento ai parametri e ai patti di contenimento della spesa pubblica di ciascun paese. Nulla di più sbagliato è adottare dei parametri rigidi in un economia flessibile e globalizzata, dove le scelte di investire capitali nei mercati sono prese altrove e sempre secondo la logica del massimo profitto a costi contenuti.
Sono anni che si dà enfasi alle politiche di coesione sociale ed economica, che si è posti come obiettivo l’allargamento dell’Unione verso i Balcani, si è favorito l’apertura a favore del sud est Europa di alcuni programmi già presenti nell’Unione come COST, EURECA, TEMPUS, Socrates-Erasmus, Intelligent Emergy in Europe, eContent. Ma a cosa è servito tutto questo se poi abbiamo una Europa disegnata per accrescere la crisi dei paesi che ne fanno parte?
La contraddizione di questa europa nasce proprio dal fatto che è stato adottato l’euro senza preoccuparsi di adottare un’Europa solidale. Queste potevano essere le proposte che l’Italia avrebbe potuto suggerire durante la sua Presidenza UE.
Progettare e ridisegnare una nuova Europa è possibile, ogni discussione finalizzata soltanto all’euro deve andare oltre.
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