Abolizione del Fiscal Compact

Tra i 7 punti del programma per le europee del M5S un  punto poco conosciuto e chiaro ai cittadini per i complessi tecnicismi di cui è composto è il Fiscal Compact e tutte le leggi italiane che ne sono conseguite.
Ma che cos’è? E’ un trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione Economica e Monetaria (detto anche patto di bilancio) firmato il 2 marzo del 2012 in occasione del Consiglio Europeo di primavera da 25 Stati Membri (non hanno firmato il Regno Unito e la Repubblica CECA) ed è entrato in vigore il 1° gennaio 2013.

E cosa ha comportato per l’Italia aderire a questo trattato? Troppi vincoli che compromettono la crescita economica.

Il trattato prevede una serie di regole intese a rinsaldare la disciplina di bilancio attraverso un patto di bilancio che riguardano:

  • la posizione di bilancio della pubblica amministrazione è in pareggio o in avanzo, questo rappresenta un ulteriore vincolo rispetto all’indebitamento netto della pubblica amministrazione che non deve superare il 3% del PIL previsto dal Trattato di Maastricht e dal Patto di Stabilità e Crescita;
  • la regola del pareggio o avanzo di bilancio si considera rispettata se il saldo strutturale annuo della pubblica amministrazione è pari all’obiettivo di medio termine specifico per il paese, quale definito nel patto di stabilità e crescita rivisto (la Commissione Europea determina per ciascun paese l’obiettivo di medio termine), con il limite inferiore di un disavanzo strutturale dello 0,5% del prodotto interno lordo ai prezzi di mercato (1% per i paesi con debito/PIL inferiore al parametro del 60%). Per “saldo o indebitamento strutturale annuo della pubblica amministrazione” si intende il saldo annuo corretto per il ciclo e al netto di misure una tantum e temporanee. Il saldo di bilancio corretto per il ciclo economico si ottiene sottraendo dall’indebitamento netto l’output gap (cioè la differenza  tra il Pil effettivo e il Pil potenziale) moltiplicato per un coefficiente (la spesa pubblica al netto delle misure discrezionali in materia di entrate). All’indebitamento netto strutturale corretto per il ciclo si tolgono gli effetti delle misure una tantum (ad esempio: · condoni fiscali;· vendita di attività non finanziarie, tipicamente immobili, licenze e concessioni pubbliche; · modifiche legislative (temporanee o permanenti) con effetti temporanei sulle entrate; · entrate straordinarie delle imprese pubbliche.). I progressi verso l’obiettivo di medio termine e il rispetto di tale obiettivo sono valutati globalmente, facendo riferimento al saldo strutturale e analizzando la spesa al netto delle misure discrezionali in materia di entrate, in linea con il patto di stabilità e crescita rivisto.
  • I paesi possono deviare temporaneamente dal loro rispettivo obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo solo in circostanze eccezionali (per “circostanze eccezionali” si intendono eventi tipo periodi di grave recessione economica);
  • qualora si verificano deviazioni significative dall’obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo, è attivato automaticamente un meccanismo di correzione (la Commissione determina il quadro temporale di convergenza).

Per effetto del Fiscal Compact, con le regole sui meccanismi di correzione enunciati, si sono avuti effetti anche nel nostro diritto nazionale “tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale – o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio”. Una delle regole fondamentali quindi è stata quella di introdurre il pareggio di bilancio in costituzione. Ogni paese che ha sottoscritto il Fiscal Compact ha avuto tempo fino al 1° gennaio 2014 per inserire tale regola nella propria Costituzione.

Ed infatti in Italia già con la Legge costituzionale n. 1/2012 è stato recepito l’ordinamento europeo del six pack e sono stati modificati gli artt. 81, 97, 117 e 119 della costituzione per adeguarli alle regole del Fiscal Compact.

Con l’articolo 81 della Costituzione lo Stato “assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico“.

Con l’art. 117 della Costituzione si ottiene: l’armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

Con la legge del 24 dicembre 2012, n. 243 sono stati disciplinati i principi e le regole di bilancio (per effetto del six pack e Fiscal Compact) riferite al complesso delle amministrazioni pubbliche. Esse hanno riguardato, in particolare:

  1. la definizione dell’equilibrio di bilancio strutturale[1] (l’equilibrio dei bilanci corrisponde all’obiettivo di medio termine);
  2. l’introduzione di una regola sull’evoluzione della spesa, il cui tasso non deve superare il tasso di crescita di medio periodo dell’economia, tenendo conto degli effetti delle misure discrezionali sulle entrate. L’aggregato di spesa di riferimento è dato (per ogni anno) dal totale delle spese della P.A. al netto della spesa per interessi, della spesa nei programmi europei pienamente coperti da fondi comunitari e della componente non discrezionale (cioè quella legata al ciclo economico) delle spese per indennità di disoccupazione. Inoltre l’aggregato considerato deve essere corretto dalla volatilità intrinseca nella serie degli investimenti sostituendo al valore annuale di questi ultimi la media degli stessi calcolata tra l’anno t e i precedenti tre anni;
  3. il rispetto delle regole in materia di sostenibilità del debito pubblico (per verificare la regola sul debito si fa riferimento al rapporto debito pubblico/PIL), viene proposta una regola numerica che stabilisce per ogni anno un obiettivo per l’incidenza del debito sul PIL determinato sulla base dei valori registrati nel triennio precedente e tale da implicare obbligo per i Paesi con un debito pubblico superiore al 60% del PIL, di rientrare entro tale soglia nel giro di 20 anni, riducendo il debito di un ventesimo dell’eccedenza di ogni anno. In particolare “il vincolo relativo al debito pubblico richiede che l’eccedenza del rapporto tra lo stock di debito e il PIL rispetto al 60 per cento si riduca di un ventesimo all’anno negli ultimi tre anni che terminano con quello di valutazione (detto benchmark) tenendo anche conto degli effetti del ciclo economico” (prospettiva backward-looking); o che tale riduzione si produca nel triennio che comprende l’anno in corso più i due anni successivi all’ultimo anno (di solito sono dati di previsione) per cui sono disponibili i dati, sulla base delle previsioni della Commissione europea (prospettiva forward-looking); nell’applicazione del parametro di riferimento si deve tenere conto degli effetti del ciclo economico sul ritmo di diminuzione del debito.

Essendo la prospettiva forward-looking basata su indicatori di previsioni, si può sovrastimare o sottostimare il ciclo economico col risultato di imporre politiche di bilancio non ottimali. Secondo questa prospettiva l’Italia rispetterebbe la regola del debito grazie ai dati ottimistici di previsione. Ma dall’analisi dei dati della notifica si è evidenziato che tra i dati preventivi e i dati consuntivi vi è sempre uno scostamento sostanziale nei livelli dei principali aggregati di finanza pubblica intaccando in maniera sostanziale la credibilità della politica di rigore di finanza pubblica dei Governi dell’area UE. Di solito le stime previsionali della Commissione europea e quelle governative italiane diffuse con il Programma di Stabilità e il Piano Nazionale di Riforme sono sempre troppo ottimistiche.
Le previsioni, inoltre, a prescindere dal modello macroeconomico utilizzato, sono soggette ad un certo margine di errore, le cui ragioni possono derivare da una molteplicità di fattori riconducibili al verificarsi di shock, alle revisioni statistiche e alla differente valutazione delle politiche adottate dai governi”.

Possiamo fidarci di questi numeri? Non direi.

Se infatti consideriamo la prospettiva backward-looking[2] l’Italia non rispetta la regola del debito, è ovvio perché è basata sostanzialmente su dati di consuntivo che non può modificare. Se l’Italia dovesse rispettare la  prospettiva backward-looking dovrebbe ridurre il debito pubblico di 130 miliardi di euro nel 2015. Follia pura!

Oppure dovrebbe puntare su una consistente crescita intelligente e sostenibile del PIL.

La prospettiva forward-looking è rispettata grazie ai dati di previsione ma come abbiamo verificato sono dati facilmente suscettibili di revisioni[3]. Per rispettare la prospettiva forward-looking dobbiamo utilizzare trucchi contabili (i dati di previsioni come abbiamo detto non sono affidabili per le eccessive revisioni).

Per confermare se l’Italia è verso un processo virtuoso di rientro del debito pubblico non è possibile dichiararlo per l’ennesima prova che non si fa nulla per ridurre in maniera strutturale il debito sovrano.

Note
[1] Il saldo strutturale di bilancio nel 2012 era -1,4%, nel 2013 è stato -0,8% . Per i prossimi anni la Commissione Europea ritiene che scenda a -0,6% nel 2014, per poi risalire a -0,8% nel 2015 (ma sempre su dati di previsione).
[2]Se applichiamo la formula per la prospettiva backward-looking ai valori del 2012 (127%), 2013 (132,6%) e 2014 (133,7% questo dato è di previsione) si ottiene il benchmark 124,3%. Il benchmark per l’anno 2015 è dato in termini formali da: 124=60+0.95/3*(133.7-60)+0.95^2/3*(132.6-60)+0.95^3/3*(127-60) come è presente nel vademecum della commissione europea. Poiché il debito/pil atteso per il 2015 è 132,4% il vincolo backward looking non è rispettato di 8 punti. Anche se consideriamo  il valore del rapporto debito/Pil corretto per il ciclo economico (che arriva al 131,2%), è troppo lontano dall’obiettivo di Benchmark perché il valore si riduce di un solo punto. Se l’Italia volesse rispettarlo dovrebbe ridurre il debito di 130 miliardi a crescita del PIL data come da previsione (PIL 2015 è previsto 1.628.167). Se applichiamo la prospettiva forward-looking la formula ai valori del 2016 (128.6% questo dato è previsto), 2015 (132,4% questo dato è previsto) e 2014 (133,7% questo dato è previsto) si ottiene il Benchmark per il 2017 di 124.6%. Il Benchmark per l’anno 2017 è dato in termini formali da: 124.6=60+0.95/3*(128.6-60)+0.95^2/3*(132.4-60)+0.95^3/3*(133.7-60) come è presente nel vademecum della commissione europea. Il valore previsto Debito/PIL per il 2017 è 124.5 quindi la prospettiva forward-looking è rispettata grazie ai dati di previsione.
[3] Alla richiesta di abolizione del Fiscal Compact bisognerebbe quindi lavorare anche per creare nel Parlamento Europeo un “Fiscal Council Europeo ovvero fiscal watchdog” però alle dirette dipendenze del Parlamento Europeo che valuti anche gli squilibri macroeconomici. Per fare ciò il Parlamento Europeo dovrebbe avvalersi di un organismo indipendente che controlli ex ante il verificarsi di deviazioni significative degli obiettivi di finanza pubblica e di squilibri sulla crescita. 

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