Fondi utilizzati a livello Nazionale
Per ottimizzare l’incidenza dei finanziamenti dell’UE sullo sviluppo economico del nostro paese è necessario porre rimedio alla realtà illustrata dal Ministro per la coesione territoriale italiana sul monitoraggio dei fondi europei, edizione 2007-2013, nella quale per la politica di coesione è stata certificata il 47,5% della spesa. Ma il sole24 ore, come mostra la fotografia della spesa certificata al 7 agosto 2013, sottolinea che “La spesa dei fondi Ue torna a rallentare dopo lo sprint di fine 2012 e cresce il rischio di perdere quote consistenti dei 31 miliardi che dovremmo spendere nel triennio 2013-2015”.
Nel 2012, su quasi 16 miliardi di euro di versamenti che l’Italia ha versato al bilancio generale UE, ha ricevuto soltanto 9,7 miliardi di euro di contributi con un saldo negativo di 6 miliardi.
Figura 2 – Posizione netta dell’Italia. Versamenti, accrediti e movimenti netti. Anni 2000-2012 (milioni di euro)
Fonte: Annuario statistico 2013, ragioneria generale dello stato
La perdita di risorse è aumentata negli ultimi anni anche per effetto dell’allargamento dell’Unione ai nuovi paesi, ciò sta comportando un’inevitabile riduzione delle risorse europee trasferite al nostro paese a fronte di un innalzamento della contribuzione al bilancio UE.
A dicembre del 2012 in Italia sono stati diffusi i metodi e gli obiettivi[1] per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020 collegati al Quadro Strategico comune 2014-2020 e, segnatamente, del Fondo europeo di Sviluppo regionale (FESR), del Fondo Sociale europeo (FSE), del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)[2].
La chiave di riparto territoriale dei fondi comunitari è decisa, in larga misura, a livello di Unione Europea. Al trasferimento di fondi comunitari[3] l’ammontare di risorse europee per l’Italia per il 2014-20 sarà intorno ai 30 miliardi, a detta del Governo, a cui si aggiungerà il cofinanziamento nazionale nell’importo e nelle modalità che il nostro Governo deciderà di stabilire, in questo caso le risorse per l’Italia potrebbero raddoppiare. Premesso che solo le PMI delle regioni economicamente meno sviluppate (regioni di convergenza) possono ricevere aiuti diretti per cofinanziare i propri investimenti. Se alla fascia delle Regioni italiane meno sviluppate viene allocato il grosso dei fondi, per un totale di 20,262 miliardi, per quelle in transizione è previsto un mld. Ai territori più sviluppati ne saranno invece corrisposti 6,982. Infine, 994 milioni saranno per la cooperazione territoriale. A tali cifre occorre poi aggiungere l’importo del FSC che dovrà essere programmato per i prossimi 7 anni in stretta integrazione con i fondi europei nella prossima legge di stabilita’.
La Commissione europea, la Banca europea per gli investimenti e il Fondo europeo per gli investimenti hanno varato un’iniziativa comune che permette alle PMI delle regioni meno sviluppate di accedere più facilmente ai finanziamenti. L’iniziativa, conosciuta con l’acronimo Jeremie (Joint European Resources for Micro to Medium Enterprises, risorse europee congiunte per le micro, piccole e medie imprese), permette agli Stati membri e alle regioni di utilizzare parte dei fondi strutturali come garanzie sul credito e finanziamenti in capitale proprio e capitale di rischio a favore delle PMI.
In Italia i finanziamenti arrivano direttamente alla pubblica amministrazione che sono le Autorità di Gestione e fanno capo ai ministeri di riferimento per ciascun tematica e alle Regioni. Per utilizzare al meglio i fondi, ad esempio, le Regioni devono indire i relativi bandi. Il problema è che fino ad oggi la gestione è stata troppo politicizzata e molto spesso per il ritardo delle regioni nel presentare i bandi si sono persi i contributi.
Bisogna considerare che i programmi operativi sono preparati da ciascuno Stato membro ed espongono le priorità selezionate dalle autorità nazionali e regionali. Quindi sono i nostri ministeri e le nostre regioni che decideranno in quale area o tematica intervenire nel rispetto dei principi europei.
Le fasi di programmazione dell’utilizzo dei fondi seguono quindi queste tappe:
- La Commissione Europea adotta il quadro strategico comune per la coesione, una sorta di linee guida contenenti principi e priorità che le autorità nazionali e regionali devono seguire nella redazione dei documenti di programmazione dei fondi.
- In base al Quadro Strategico Comune adottato dalla Commissione, ogni Stato membro elabora un Contratto di Partenariato in collaborazione con i partner e in dialogo con la Commissione e si impegneranno a raggiungere gli obiettivi occupazionali e di crescita dell’Europa entro il 2020. Il contratto di partenariato deve trasferire gli elementi contenuti nel quadro strategico comune nel contesto nazionale e stabilire “impegni forti” per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione attraverso la programmazione dei Fondi del QSC. La Commissione valuta la coerenza del Contratto di Partenariato con il Regolamento Generale, con il Quadro Strategico Comune e con le raccomandazioni specifiche per ciascun paese, tenendo conto delle valutazioni ex ante dei programmi e formula eventuali osservazioni.
- Lo Stato membro fornisce tutte le informazioni supplementari necessarie e, se del caso, rivede il contratto di partenariato. La Commissione adotta una decisione, mediante atti di esecuzione, che approva il contratto di partenariato entro sei mesi dalla sua presentazione da parte dello Stato membro, a condizione che le eventuali osservazioni da essa formulate siano state adeguatamente recepite (approvazione del CP e dei PO da parte della commissione prevista per agosto 2013).
- Il contratto di partenariato non entra in vigore prima del 1° gennaio 2014. Il contratto di partenariato stabilisce: a) le modalità per garantire l’allineamento con la strategia dell’Unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; b) un approccio integrato allo sviluppo territoriale sostenuto dai Fondi del QSC; c) un approccio integrato per rispondere ai bisogni specifici delle aree geografiche particolarmente colpite dalla povertà o dei gruppi di destinatari a più alto rischio di discriminazione o esclusione, con particolare riguardo per le comunità emarginate, compresa, se del caso, la dotazione finanziaria indicativa per i pertinenti Fondi; d) le modalità per garantire un’esecuzione efficace; e) le modalità per garantire l’attuazione efficiente dei Fondi del QSC.
- Sulla base del contratto di partenariato, gli Stati membri e le Regioni propongono i cosiddetti Programmi Operativi (PO) sia regionali (POR) sia Sovraregionali (PON), come principali strumenti per attuare i documenti strategici (come nell’attuale periodo di programmazione) vincolati alle linee guida dettate dai rispettivi Regolamenti, contenenti la definizione delle priorità, le disposizioni di attuazione ed il piano finanziario. I programmi operativi sono adottati con Decisione della Commissione.
- I Fondi del QSC sono attuati mediante programmi conformi al contratto di partenariato. Ciascun programma copre il periodo compreso fra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2020. I PO sono presentati unitamente al Contratto di Partenariato. Devono essere accompagnati da una valutazione ex ante.
- La valutazione ex ante è dunque finalizzata ad analizzare se un Programma è stato progettato coerentemente alle esigenze del territorio su cui agisce.
- I programmi operativi devono definire una strategia in linea con il conseguimento degli obiettivi EU2020 (in coerenza con QSC e CP), le modalità per garantire l’attuazione efficace, efficiente e coordinata dei Fondi del QSC e le azioni volte a ridurre gli oneri amministrativi a carico dei beneficiari. I programmi devono definire le priorità, stabilendo gli obiettivi specifici, le dotazioni finanziarie del sostegno dei Fondi del QSC e il corrispondente cofinanziamento nazionale. Devono inoltre stabilire indicatori per ciascuna priorità/Asse che permettano di valutare i progressi nell’esecuzione del PO verso il conseguimento degli obiettivi: – indicatori finanziari relativi alla spesa assegnata – indicatori di realizzazione relativi agli interventi finanziati – indicatori di risultato relativi alla priorità.
- I programmi operativi devono descrivere le azioni utili a tenere conto dei principi trasversali in tema di “parità e non discriminazione” e di “sviluppo sostenibile“ e stabilire l’importo indicativo del sostegno da destinare agli obiettivi relativi al cambiamento climatico.
- I programmi sono presentati dagli Stati membri unitamente al contratto di partenariato tranne quelli nell’ambito dell’obiettivo “Cooperazione territoriale europea” che vengono presentati entro sei mesi dall’approvazione del Quadro Strategico Comune. Tutti i programmi sono accompagnati dalla valutazione ex ante.
- La Commissione approva ciascun programma entro sei mesi dalla presentazione ufficiale da parte dello Stato membro, a condizione che le eventuali osservazioni da essa formulate siano state adeguatamente recepite, ma non prima del 1° gennaio 2014 o prima che abbia adottato una decisione di approvazione del contratto di partenariato.
- Ogni Stato membro organizza, rispettivamente per il contratto di partenariato e per ciascun programma, un partenariato con i seguenti partner (art. 5 governance multilivello):
a) le autorità regionali, locali, cittadine e le altre autorità pubbliche competenti;
b) le parti economiche e sociali; e
c) gli organismi che rappresentano la società civile, compresi i partner ambientali, le organizzazioni non governative e gli organismi di promozione della parità e della non discriminazione. Conformemente al sistema della governance a più livelli, gli Stati membri associano i partner alle attività di preparazione dei contratti di partenariato e delle relazioni sullo stato di attuazione, nonché alle attività di preparazione, attuazione, sorveglianza e valutazione dei programmi. I partner partecipano ai comitati di sorveglianza dei programmi. - Il comitato di sorveglianza è consultato ed emette un parere sulle eventuali modifiche del programma proposte dall’autorità di gestione.
- Sistemi di gestione e di controllo agiscono attraverso l’accreditamento nazionale (responsabilizzazione degli Stati membri); le autorità di gestione possono operare in qualità di autorità di certificazione; la Commissione può esaminare l’accreditamento (sulla base dei rischi e dei riscontri storici).
- Da gennaio ad aprile 2013, sulla base degli indirizzi definiti dal documento ‘Metodi e Obiettivi’, le amministrazioni e le parti interessate hanno partecipato al confronto tecnico-istituzionale – con il coordinamento del Ministro per la Coesione Territoriale, del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e di intesa con il Ministero dell’Economia e delle Finanze – volto a orientare la redazione dei documenti di programmazione. In particolare, si sono attivati quattro tavoli di confronto partenariale relativi alle missioni:
1) Lavoro, competitività dei sistemi produttivi e innovazione;
2) Valorizzazione, gestione e tutela dell’ambiente;
3) Qualità della vita ed inclusione sociale;
4) Istruzione, formazione e competenze. L’esito del confronto partenariale ha portato alla diffusione in Italia di una prima bozza dell‘Accordo di Partenariato quale strumento previsto dalla proposta di Regolamento della Commissione Europea per stabilire la strategia (risultati attesi, priorità, metodi di intervento) di impiego dei fondi comunitari per il periodo di programmazione 2014-2020. - A livello nazionale si sono svolti i negoziati e le audizioni delle parti economiche e sociali ai fini delle definizione dell’Accordo di Partenariato dell’Italia con la Commissione europea, cui le Regioni dovranno fare riferimento per la definizione dei rispettivi Programmi Operativi Regionali.
AUTORITA’ ED ORGANISMI INTERMEDI
Per ciascun P.O. lo Stato membro designa autorità pubbliche o un organismo pubblico nazionale, regionale o locale quale:
– Autorità di Gestione;
– Autorità di certificazione (lo Stato membro può designare per un programma operativo un’autorità di gestione che svolga anche le funzioni di autorità di certificazione);
– Autorità di Audit funzionalmente indipendente dall‘Autorità di Gestione e dall’autorità di certificazione.
Per l’obiettivo “Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione”, purché sia rispettato il principio della separazione delle funzioni, l’autorità di gestione, l’autorità di certificazione, se del caso, e l’autorità di audit possono fare parte della stessa autorità pubblica o dello stesso organismo pubblico[4]. Lo Stato membro può designare uno o più organismi intermedi per lo svolgimento di determinati compiti dell’autorità di gestione o di certificazione sotto la responsabilità di detta autorità. I relativi accordi tra l’autorità di gestione o di certificazione e gli organismi intermedi sono registrati formalmente per iscritto. Lo Stato membro o l’autorità di gestione può affidare la gestione di parte di un programma operativo ad un organismo intermedio mediante un accordo scritto tra l’organismo intermedio e lo Stato membro o l’autorità di gestione.
AUTORITÀ DI ACCREDITAMENTO DELLE ADG e ADC (art. 64, 117)
Con la nuova programmazione europea viene introdotto un sistema di accreditamento nazionale per rafforzare l’impegno degli Stati membri a garantire una sana gestione finanziaria. Ciascun organismo responsabile della gestione e del controllo della spesa nell’ambito dei Fondi del QSC è accreditato con decisione formale di un’autorità di accreditamento a livello ministeriale. L’accreditamento è subordinato al rispetto da parte dell’organismo dei criteri di accreditamento riguardanti l’ambiente interno, le attività di controllo, informazione e comunicazione e il monitoraggio previsti dalle norme specifiche di ciascun Fondo. L’accreditamento si fonda sul parere di un organismo di audit indipendente che valuta la conformità dell’organismo con i criteri di accreditamento. L’organismo di audit indipendente svolge il proprio compito in conformità degli standard internazionalmente riconosciuti. L’autorità di accreditamento controlla l’organismo accreditato e revoca l’accreditamento con decisione formale se uno o più dei criteri di accreditamento non sono più soddisfatti, a meno che l’organismo non adotti le necessarie azioni correttive entro un periodo di prova stabilito dall’autorità di accreditamento in base alla gravità del problema. Fatte salve le disposizioni previste nelle norme specifiche di ciascun Fondo, gli organismi da accreditare sono:
• a) per il FESR, il FSE e il Fondo di coesione, le Autorità di Gestione e, se del caso, le Autorità di Certificazione;
• b) per il FEASR e il FEAMP, gli organismi pagatori.
L’ Accordo di Partenariato italiano quale atto principale di impostazione delle scelte per il nuovo ciclo di programmazione dei fondi europei 2014-2020 si concluderà entro il prossimo mese di settembre come ha confermato il Ministro per la coesione territoriale. Il ministro sottolinea che le proposte delle amministrazioni centrali in tema di fondi europei non devono avvenire più con contatti diretti e non coordinati tra singoli ministeri e Regioni stesse ma con un ‘tavolo’ unico di coordinamento politico con il Governo.
Ma il cambiamento nell’uso dei fondi richiede anche una nuova governance. Il Ministro ha delineato alcune modifiche organizzative delle strutture amministrative che possano sostenere la nuova strategia. In questa prospettiva, suggerisce il Ministro, sarà importante la creazione di un’Agenzia per la coesione territoriale che rinforzi le funzioni di monitoraggio, di assistenza tecnica alla gestione dei programmi e, ove necessario, di intervento attivo nella gestione dei programmi.
Gli Obiettivi e gli indicatori necessari per la misurazione dei progressi verso il conseguimento degli obiettivi di Europa 2020 devono essere chiari e tempestivi per permettere un’efficace azione di monitoraggio attraverso l’introduzione di un quadro di riferimento dei risultati[5].
In particolare per l’Italia[6] è necessario investire sull’efficienza in termini di consolidamento della capacità amministrativa e di riduzione della burocrazia.
Lo sviluppo locale di tipo partecipativo, denominato sviluppo locale LEADER nell’ambito del FEASR, è:
a) concentrato su territori subregionali specifici;
b) di tipo partecipativo, ossia guidato da gruppi di azione locale composti da rappresentanti degli interessi socioeconomici locali pubblici e privati, in cui né il settore pubblico, né un singolo gruppo di interesse rappresenta, a livello decisionale, più del 49% dei diritti di voto;
c) attuato attraverso strategie territoriali di sviluppo locale integrate e multisettoriali;
d) definito tenendo conto dei bisogni e delle potenzialità locali, e comprende elementi innovativi nel contesto locale e attività di creazione di reti e, se del caso, di cooperazione.
I gruppi di azione locale elaborano e attuano le strategie di sviluppo locale. Se il comitato di selezione delle strategie di sviluppo locale ritiene che l’attuazione della strategia di sviluppo locale selezionata richieda la partecipazione di più di un Fondo, può essere designato un Fondo capofila. Gli Stati membri stabiliscono il ruolo del gruppo d’azione locale e delle autorità responsabili dell’esecuzione dei programmi in questione per i compiti attuativi connessi alla strategia.
PIANO D’AZIONE COMUNE (Joint Action Plan)
Un Piano d‘Azione Comune è un intervento definito e gestito in relazione alle realizzazioni e ai risultati che conseguirà. Comprende un gruppo di progetti, che non prevedono la fornitura di infrastrutture, realizzati sotto la responsabilità del beneficiario, nell’ambito di uno o più programmi operativi. Le realizzazioni e i risultati di un piano d’azione comune sono convenuti fra lo Stato membro e la Commissione. Il sostegno pubblico destinato a un piano d’azione comune è pari ad almeno 10 000 000 EUR o al 20% del sostegno pubblico al programma operativo o ai programmi operativi, se inferiore.
INVESTIMENTI TERRITORIALI INTEGRATI (ITI)
Qualora una strategia di sviluppo urbano sostenibile integrato o un’altra strategia o patto territoriale, quale definita dal regolamento FSE, richieda un approccio integrato che comporti investimenti nell’ambito di più assi prioritari di uno o più programmi operativi, l’azione è eseguita sotto forma di ITI. I programmi operativi interessati individuano gli ITI previsti e stabiliscono la
dotazione finanziaria indicativa di ciascun asse prioritario destinata a ciascun ITI. Lo Stato membro o l‘Autorità di Gestione può designare uno o più organismi intermedi, compresi enti locali, organismi di sviluppo regionale o organizzazioni non governative, cui delegare la gestione e l’attuazione di un ITI.
Fondi strutturali europei “decreto del fare”
Oltre ad alcune norme tese a favorire il partenariato pubblico-privato nell’ambito della cooperazione allo sviluppo (articoli 7 ed 8), specifiche misure affrontano il tema del ritardo nell’utilizzo dei fondi strutturali europei. A tal fine l’articolo 9, che riguarda l’utilizzazione degli stessi, compresi quelli inerenti lo sviluppo rurale e la pesca, nonché la realizzazione dei progetti finanziati con i medesimi fondi, prevede:
– l’obbligo per le amministrazioni e le aziende dello Stato di dare precedenza, nella trattazione degli affari di propria competenza, ai procedimenti, provvedimenti ed atti relativi alle attività in qualsiasi modo connesse all’utilizzazione dei fondi stessi;
– la facoltà dello Stato, o della Regione, ove accertino ritardi ingiustificati nell’adozione di atti di competenza degli enti territoriali, di intervenire in via sussidiaria sostituendosi all’ente inadempiente.
L’Ente nazionale per il microcredito viene sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Viene poi rafforzato (articolo 9-bis) lo strumento del contratto istituzionale di sviluppo, anche con il coinvolgimento di Invitalia spa che agisce su mandato del Governo per accrescere la competitività del Paese, in particolare del Mezzogiorno, e per sostenere i settori strategici per lo sviluppo.
Per rafforzare le politiche di coesione territoriale e migliorare l’utilizzo dei Fondi europei, nel quadro dei provvedimenti che riguardano la pubblica amministrazione il 26 agosto 2013 il Governo ha approvato alcune norme che hanno l’obiettivo di rendere più efficace l’uso dei fondi europei, sia dal punto di vista della capacità di spesa che da quello della qualità della spesa stessa, come è stato anche raccomandato dalla Commissione europea.
Per rispondere a questa esigenza è necessario potenziare il coordinamento e il controllo sull’uso dei fondi, obiettivi che comportano un rafforzamento della capacità di governo nazionale. A questo fine viene prevista la creazione di un’Agenzia per la Coesione territoriale (http://www.dps.gov.it/it/Agenzia/) che svolga tre tipi di funzioni:
- monitoraggio sistematico e continuo sull’uso dei fondi;
- sostegno e assistenza tecnica alle amministrazioni interessate nella gestione dei programmi, sia attraverso attività di formazione specifica del personale, sia con apposite strutture di sostegno alle amministrazioni, per quanto riguarda in particolare la gestione degli appalti pubblici;
- svolgimento, in alcuni casi bene definiti, di compiti diretti di autorità di gestione tanto per progetti sperimentali, quanto nell’ipotesi di gravi inadempienze e ritardi di alcune autorità di gestione dei programmi, valutati dal Presidente dei Consiglio e dal Ministro per la Coesione territoriale.
La costituzione dell’Agenzia è un passo significativo nella direzione del necessario miglioramento dell’utilizzo di risorse strategiche per lo sviluppo del Paese che comporteranno per i prossimi sette anni l’impiego di circa 100 miliardi di euro, includendo le risorse europee e quelle nazionali. Sono previste quindi «120 assunzioni qualificate di alto livello con selezione rigorosa di persone con esperienza Ue e di uso dei fondi. Ci giochiamo su questa vicenda la nostra capacità di usare i fondi. È un modo di essere più europei», ha aggiunto Letta.
Note di approfondimento
[1] Questo documento di indirizzo avvia il confronto pubblico per preparare l’Accordo e i Programmi, secondo la proposta di percorso trasmessa alla Conferenza Stato Regioni nel giugno 2012. Il documento è stato elaborato dal Ministro per la Coesione Territoriale d’intesa con i Ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali e delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, responsabili per tre dei quattro Fondi che alimentano la politica di coesione.
[2] Questi ultimi due fondi sono di diretta responsabilità del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, che ha anche responsabilità di coordinamento.
[3] Per utilizzare i fondi dei programmi europei si deve partecipare alla call (bando). Il piano di rilascio dei bandi è definito. Si fa domanda direttamente al programma. Un esempio è il nuovo programma dell’Unione per il finanziamento della ricerca e dell’innovazione ORIZZONTE 2020 (Horizon 2020).
[4] Tuttavia, per i programmi operativi per i quali l’importo complessivo del sostegno dei Fondi supera 250 000 000 di euro, l’autorità di audit non può appartenere alla stessa autorità pubblica o allo stesso organismo pubblico dell’autorità di gestione.
[5] Migliorare l’efficacia e la performance: target e “riserve” “performance framework” per tutti i PO [Art. 19](esclusi Ob. Cooperazione territoriale e FEAMP); Riserva “di performance” o “di efficacia ed efficienza” [Artt. 18, 20]; “Performance review” = Verifica obiettivi intermedi (risultati al 2017) e obiettivi finali (risultati al 2019) per priorità/asse; il 5% di ciascun Fondo e per ciascuno Stato è accantonato e assegnato a seguito verifiche intermedie su raggiungimento risultati (“tappe fondamentali”); In caso di mancato raggiungimento dei risultati CE fa raccomandazioni e può revocare o sospendere i pagamenti; Tematiche = strettamente legate agli 10 obiettivi tematici; Generali = riferite a 7 settori di intervento; Condizionalità “macro-economiche” [Art. 21]; l’uso efficace dei fondi non deve essere messo a repentaglio da politiche macro-fiscali inadeguate; allineamento con la governance economica a livello europeo; possibile sospensione dei pagamenti in caso di inadempimento (disposizione non nuova, è già presente nell’attuale Reg. Fondo di coesione); garantiscono la presenza e il rispetto delle condizioni necessarie a un efficace utilizzo dei Fondi; sono definite nel CP, in caso di mancato rispetto dei parametri CE può sospendere i pagamenti; spetta allo SM valutare se le condizioni ex-ante sono rispettate e, in caso contrario, definire le azioni e il calendario per garantire il loro rispetto; la Commissione valuta gli adempimenti sulle condizionalità ex-ante. [6] Le “funding priority” per l’Italia.
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