Tra i 7 punti del programma per le europee del M5S un punto di grande interesse e di attualità è l’adozione degli eurobond. La proposta di adottare gli “Union Bonds” fu fatta per la prima volta nel 1993 da Jacques Delors (presidente della Commissione Europea) con la finalità di rilanciare l’economia dell’UE attraverso il finanziamento degli investimenti. Con la crisi bancaria (che ha comportato perdite sui titoli nel mercato dei capitali) e con la crisi del debito sovrano (aggravata dalla recessione), l’Europa ha dovuto affrontare una vera e propria emergenza economica. La fragilità del sistema finanziario europeo ha favorito il diffondersi di un rischio di contagio fra il sistema bancario e gli Stati membri in difficoltà. Nel 2010 il presidente dell’Eurogruppo J.C.Junker e il ministro dell’economia italiano Giulio Tremonti hanno proposto una massiccia emissione di Euro-bond rilanciando l’istituzione di una Agenzia europea per il debito al fine di mettere in comune una parte della gestione del debito pubblico dei diversi Stati Membri. La novità della proposta Tremonti-Junker era di emettere titoli obbligazionari da parte di un’agenzia comunitaria (non presente in Europa) con un mercato di titoli pubblici di dimensioni e liquidità adeguata all’importanza dell’Unione europea. Il Consiglio europeo del 23 maggio 2012 ha formalmente investito i vertici europei Task Force Van Rompuy (Barroso, Van Rompuy, Draghi, Juncker) della responsabilità di proporre una roadmap sul tema Eurobond, da portare alla discussione del Consiglio europeo di fine giugno. Ma le scelte che seguirono furono orientate sulla creazione di meccanismi temporanei per la gestione di queste crisi (fondo salva stati poi MES), e l’acquisto di titoli pubblici da parte della BCE nel mercato secondario, scelte volte ad evitare speculazioni nelle fluttuazioni dei prezzi del mercato dei titoli del debito pubblico dei paesi in difficoltà.
Recentemente è nata la necessità di riproporre gli Eurobond per ridurre il costo medio del debito sovrano e contrastare gli attacchi speculativi all’euro. Il dibattito sulle modifiche all’assetto istituzionale e normativo Europeo è diventato serrato e ha coinvolto i paesi europei e gli organismi istituzionali dell’Unione. Il Consiglio europeo ha approvato un complesso processo legislativo, che coinvolge anche il Parlamento europeo attraverso la codecisione, ridisegnando l’intero assetto della governance economica dell’Unione (Six pack, fiscal compact e Two pack). Attualmente è in corso la realizzazione di una “tabella di marcia” che si colleghi all’introduzione delle eurobbligazioni.
Le emissioni nette di Eurobond potrebbero essere finalizzate a finanziare la crescita nel quadro di strategia Europa 2020 con il finanziamento di infrastrutture sovranazionali. Si potrebbero superare alcuni problemi come quelli che derivano da divergenze macroeconomiche, da irresponsabilità finanziaria, da bolle speculative e da enormi divari di competitività per problemi strutturali presenti nei paesi della zona Euro. La gestione del debito pubblico a livello europeo e l’impiego di titoli europei costituirebbe un segnale forte di solidarietà tra i paesi. Il mercato dei titoli europei garantirebbe tassi inferiori alla media pagati dai singoli Stati Membri favorendo condizioni migliori e accesso ai paesi più deboli e in difficoltà senza essere esposti ad attacchi speculativi a breve termine. Gli Stati membri se conoscessero in anticipo l’evoluzione degli spread, avrebbero un forte incentivo a ridurre i loro deficit. Gli Eurobond fermerebbero la rottura dei mercati obbligazionari sovrani e bloccherebbero le ricadute negative sui mercati nazionali. La figura che segue evidenzia l’impatto negativo delle speculazioni finanziarie sull’andamento dello spread. In particolare a partire dalla fine del 2011 (dal Governo Berlusconi al governo Monti) lo spread si attestava sui 552 punti aumentando il rendimento dei titoli di Stato (7,24%).
Le attuali procedure avviate sulla governance economica già prevedono che il Consiglio approvi i bilanci dei singoli paesi, nell’ambito dei programmi di stabilità presentati ogni anno dai paesi stessi. Il trattato sul Fiscal Compact all’articolo 6 così recita “Al fine di coordinare meglio le emissioni di debito nazionale previste, le parti contraenti comunicano ex ante al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea i rispettivi piani di emissione del debito pubblico“.
Se sarà il Consiglio dei ministri europeo, a decidere quanto debito pubblico europeo può essere emesso dall’agenzia comune e come distribuirlo a favore dei singoli stati, di fatto, attraverso il controllo sul volume delle emissioni, il Consiglio avrebbe il potere di decidere il saldo del bilancio dei singoli paesi. Alla fine del 2011 la Commissione Europea ha presentato al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla possibilità di introdurre “Eurotitoli” (six pack: Reg. n°1173/2011).
I Paesi contrari sono quelli più “forti” perché non beneficerebbero di condizioni di accesso al mercato migliori di quelli che già hanno. Questi paesi hanno il timore di disincentivare politiche di bilancio sostenibili e di rigore, contribuendo a comportamenti opportunisti. Questi paesi esigono più disciplina di bilancio accompagnata da stanziamenti di fondi, in casi eccezionali, per far fronte alle emergenze. Quindi preferiscono favorire una politica una tantum piuttosto che predisporre una struttura di interventi permanente e risolutiva.
I Paesi favorevoli sono i paesi più “deboli” perché sostengono che gli Eurobond migliorerebbero le loro condizioni di accesso al mercato finanziario, vittime di attacchi speculativi. Questi paesi potrebbero avere le risorse necessarie per attivare politiche di investimento in infrastrutture e quindi si risolleverebbero finanziariamente. Questi paesi sarebbero più protetti e assistiti senza comportare per loro il rischio «morale». Questi paesi potrebbero onorare il loro debito e consolidare le loro finanze pubbliche evitando tassi d’interesse eccessivi sui prestiti.
Il Parlamento europeo (PE):
- ritiene che l’introduzione di “stability bond” sia equiparabile, per importanza, a quella della moneta unica;
- si compiace del fatto che l’euro sia ormai la seconda valuta di riserva internazionale a livello mondiale;
- fa notare la possibilità di istituire un mercato obbligazionario comune liquido e diversificato e ritiene che simili obiettivi presuppongano un quadro europeo integrato in materia finanziaria, economica e di bilancio.
Le proposte che elenco sono quelle menzionate nel documento finale del Parlamento europeo al termine delle consultazioni sugli Stability Bonds.
1° proposta – La proposta più semplice è stata avanzata da Christian Hellwig e da Thomas Philippon con gli Eurobills. Creare Eurobills limitandone l’ammontare totale alle nuove emissioni (10% del PIL) e la scadenza (meno di un anno). L’idea è di creare un fondo di rimborso che servirà a rifinanziare il debito degli Stati dell’Eurozona per oltre il 60% del loro PIL; il fondo garantirà solidalmente il debito in eccesso per aiutare gli Stati a estinguerlo a costi ridotti. Gli Eurobills non impongono modifiche dei Trattati comunitari. Se ad esempio Spagna e Italia decidessero di emettere l’intera quota di Eurobills di loro competenza (10% del PIL), questo ammontare sarebbe sufficiente per coprire metà dell’ammontare dei rifinanziamenti necessari per il 2012. Gli Eurobills permetterebbero all’Italia di risparmiare circa 5 miliardi di euro all’anno (dall’abbassamento dei tassi a breve termine) e mediamente la stessa cifra in termini di risparmio indiretto dalla stabilizzazione dei tassi a lungo termine. L’obbligo di partecipazione per i paesi non è stringente.
2° proposta – Con la proposta tedesca di fondo comune di rimborso (Erf) il debito pubblico di ciascun paese entro il 60% del rapporto debito/Pil continua a esistere nella stessa forma attuale. La parte del debito in eccedenza sarà convogliato in un fondo. Ogni Stato partecipante potrà attingere alle risorse del fondo con obbligazioni di pagamento da estinguere entro 20-25 anni per seguire una riduzione del debito pubblico in eccedenza. I paesi che stanno implementando programmi di riforme strutturali del debito pubblico potranno depositare nel fondo le loro eccedenze di debito solo dopo aver concluso le necessarie riforme. Il problema di questa proposta è che obbliga gli Stati ad avere una bilancia dei pagamenti positiva (condizione necessaria, in base alla formulazione della proposta, alla riduzione delle eccedenze di debito) su livelli mai raggiunti dagli stessi paesi durante il corso di tutta la loro storia.
3° proposta – La proposta Blue-Bond/Red-Bond (Bruegel Think Tank) prevede che i paesi europei mettano in comune fino al 60 per cento del PIL del loro debito nazionale in un fondo comune operante nel mercato sotto responsabilità in solido riducendo il costo dell’indebitamento per quella parte del debito eccedente. (The Blue Bond Proposal). Il Fondo risponderebbe direttamente ai ministri dell’Ecofin, che potrebbero concordare sulla gestione delle quote di debito nazionale. Il Consiglio europeo potrebbe creare una agenzia, con il mandato gradualmente fino a raggiungere una quantità di titoli in circolazione pari al 40 per cento del PIL dell’Unione europea e di ciascuno Stato membro. Il Meccanismo europeo di stabilità (MES) potrebbe detenere il debito convertito.
I Blue Bond costituiranno strumenti finanziari estremamente liquidi, al pari dei titoli del debito pubblico americano con responsabilità solidale dell’Unione. Questo aspetto può aiutare l’euro a tornare in auge nel ruolo di valuta di riserva, consentendo così emissioni di debito a breve termine a tassi inferiori a quello tedesco.
I Red Bond aiuteranno nell’implementazione e nell’adozione di una nuova disciplina fiscale: il costo più elevato del debito più rischioso e in eccesso spingerà infatti i paesi membri a rientrare nei limiti definiti dal Patto di stabilità e crescita, riducendo così debito pubblico e costi di finanziamento degli Stati.
4° proposta – Gli Stability Bonds (proposti dalla Commissione Europea) è stata fatta da François Baroin and Wolfgang Schäuble cioè i Ministri delle Finanze di Francia e Germania. Lo scopo era quello di creare obbligazioni con un Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF), per abbassare i tassi di interesse. FESF e MES dovevano essere potenziati per permettere entrambi i fondi di impegnarsi in programmi precauzionali, di ricapitalizzare le istituzioni finanziarie e di agire sui mercati secondari, se necessario per contrastare i rischi di contagio in modo tempestivo.
La Commissione europea ha definito gli Eurobond (o Stability Bonds) come uno strumento di finanziamento dell’attività quotidiana dei paesi dell’Eurozona, emessi da un’istituzione unica o da diverse istituzioni nazionali e con diverse possibili forme di garanzia (solidale, parzialmente solidale, singola). La Commissione Europea ha infatti proposto tre opzioni per le obbligazioni di stabilità (o Eurobond):
1. totale: sostituzione dell’emissione (solidale) nazionale con le obbligazioni di stabilità, con garanzie in solido: le obbligazioni di stabilità sostituirebbero completamente l’emissione nazionale. Il ricavato sarebbe distribuito agli Stati membri sulla base del rispettivo fabbisogno finanziario. Il rischio di credito sarebbe aggregato. Il problema è la perdita di libertà di decidere il volume di emissione del debito pubblico da parte dei Paesi Membri.
2. parziale: sostituzione dell’emissione (parzialmente solidale) nazionale con le obbligazioni di stabilità, con garanzie in solido: le obbligazioni di stabilità sostituirebbero solo parzialmente l’emissione nazionale. Di conseguenza, il mercato delle obbligazioni di Stato della zona euro sarebbe composto sia da obbligazioni di stabilità che da titoli di Stato nazionali.
3.parziale: sostituzione dell’emissione nazionale con le obbligazioni di stabilità (singola), con garanzie proporzionali: le obbligazioni di stabilità sostituirebbero solo parzialmente l’emissione nazionale. Ma, diversamente dalle precedenti opzioni, in questo caso le obbligazioni di stabilità sarebbero sostenute da garanzie proporzionali da parte degli Stati membri, che avrebbero quindi la responsabilità per la propria rispettiva quota di emissione. Gli Eurobonds sono pensati dalla attuale Commissione Europea (CE) come strumenti in grado di sostituire in toto i titoli del debito pubblico dei singoli Stati alla fine del processo di unificazione fiscale. Ma vogliamo proprio questo?
Il Libro verde della Commissione Europea analizza la fattibilità di obbligazioni di stabilità a emissione congiunta (spesso denominati “eurobond”) e avvia al riguardo una consultazione pubblica (non mi pare che in Italia ci sia stato questo dibattito sugli Eurobond!).
5° proposta – Questa proposta “European Safe Bonds-ESBies” è stata formulata dal gruppo di economisti di Euro-nomics. Gli autori prevedono la creazione di due titoli di debito pubblico europeo, uno ultra-sicuro e molto liquido che coprirebbe circa il 70% del debito pubblico dei singoli Stati e un secondo titolo meno liquido e più remunerativo. Il secondo titolo incorporerebbe una componente di rischio che riflette l’eventualità di mancato rimborso da parte dei singoli Stati. L’autorità competente all’emissione dei due titoli sarebbe l’Agenzia europea del debito (Eda): l’idea è infatti di trasformare il MES (Meccanismo di stabilità europeo) in Eda con eventuale ricapitalizzazione dello stesso (fino a 2,3 trilioni di euro) per garantire l’ammontare necessario per la copertura dell’emissione di bond. Tale proposta non prevede alcuna integrazione fiscale e nessuna modifica a Trattati o Costituzioni. I Paesi Membri però sarebbero privati dell’emissione dei titoli del debito pubblico.
Nella figura che segue sono sintetizzate le cinque proposte con le relative caratteristiche finanziarie.
Il Parlamento Europeo ha già introdotto l’idea di “eurobbligazioni” nei testi riguardanti la governance dell’area dell’euro. L‘accordo del Parlamento Europeo con il Consiglio e la Commissione include la questione del Fondo europeo di ”redenzione” (FER), sulla quale il Parlamento ha molto insistito.
Il 13 giugno del 2012 il PE ha approvato la creazione di un Fondo europeo di ”redenzione” (FER) e il “two-pack“. In pratica si fa confluire l’importo dei vari debiti pubblici degli Stati dell’Eurozona per la parte eccedente il 60% del PIL (l’Europa area euro nel 2013 ha un rapporto debito/PIL 95,6% quindi l’eccedenza è il 35,6%) in un apposito fondo; il FER verrebbe garantito dagli Stati nazionali membri attraverso i loro asset pubblici e da almeno una percentuale di tasse riscosse a livello nazionale. In particolare il FER emetterebbe titoli (per complessivi 3.400 miliardi di euro nel 2013) per una durata massima di 20-25 anni garantiti dal gettito delle imposte riscosse a livello nazionale e da asset pubblici, in particolare, riserve auree e di valuta estera dei Paesi assistiti.
Tale fondo, poi, emetterebbe bonds europei caratterizzati da una rigorosa scadenza di 20, massimo 25 anni. Gli Stati sarebbero dunque tenuti a rimborsare il fondo entro il periodo di 20-25 anni, durante il quale dovrebbero raggiungere (come già imposto peraltro dal Patto di stabilità e dal Fiscal compact) la soglia del 60% di debito/PIL, garantendo una gestione virtuosa dei conti pubblici ed evitando il rischio di azzardo morale.
L’Italia parteciperebbe al Fondo con la quota più alta tra i Paesi partecipanti e per rimborsare il suo debito entro il termine stabilito (20-25 anni) dovrebbe produrre ogni anno, assumendo una crescita annua del PIL nominale pari al 3%, un avanzo primario pari al 4,2% del PIL. FOLLIA PURA AL MOMENTO con la crescita nominale attuale!
Il compromesso raggiunto richiede alla Commissione di creare un gruppo di esperti (formato da esperti di diritto ed economia, finanze pubbliche, mercati finanziari e gestione del debito sovrano) con il compito di preparare un rapporto, relativo ai vantaggi e ai rischi connessi alla sostituzione parziale delle emissioni nazionali di debito con una emissione comune, sottoforma di un fondo redenzione (redemption fund) o di eurobills, per approfondire l’analisi su eventuali vantaggi, rischi, requisiti e ostacoli di una “sostituzione parziale delle emissioni nazionali di debito attraverso l’emissione comune sotto forma di un fondo di riscatto ed eurotitoli”.
Ma come possiamo notare nel documento viene espressamente citato che “data la complessità ma anche la natura globale dei temi da analizzare e la loro importanza per il futuro dell’Unione economica e monetaria in generale, non era opportuno indire una gara d’ interessi per quanto riguarda la composizione del gruppo di esperti “. Ci rendiamo conto della gravità di questa affermazione? E come possiamo notare nel gruppo di esperti non c’è una figura istituzionale italiana.
Il gruppo di esperti ha presentato le sue conclusioni il 31 marzo 2014 sui possibili meriti, rischi, requisiti e ostacoli alla parziale sostituzione dell’emissione nazionale del debito pubblico attraverso l’emissione congiunta nella forma di un fondo di redenzione e eurobills. La Commissione ha valutato di presentare proposte a dopo la fine del suo mandato.
Per quanto riguarda gli aspetti giuridici, la relazione del gruppo di esperti conclude che, senza modifiche del trattato UE, regimi di emissione comuni possano essere stabiliti solo in forma pro rata. La relazione non formula proposte o raccomandazioni politiche, ed è ovvio visto che è alla scadenza del proprio mandato. Il presidente Barroso ha dichiarato che prima di procedere alla realizzazione del fondo di redenzione o eurobills abbiamo bisogno di avere un dibattito democratico con i cittadini, i governi e il Parlamento europeo. L’imminente elezioni sono un’ottima occasione per discutere che tipo di Unione vogliamo davvero “. Inoltre un altro aspetto non da poco è che la relazione finale riflette esclusivamente le opinioni personali e valutazioni degli esperti, che sono stati tutti nominati a questo gruppo a titolo personale. Le opinioni contenute nel rapporto non possono essere attribuite alla Commissione europea o qualsiasi altro organismo o ente.
Scusate ma allora se non è un documento ufficiale, di cosa stiamo parlando? A questo punto anche l’Italia potrebbe creare una commissione di esperti sugli eurobond e dare delle valutazioni magari opposte a quelle scaturite dal gruppo di esperti scelti dalla Commissione Europea, ma che senso ha tutto questo lavoro?
La Commissione deve anche chiarire i vincoli giuridici applicabili all’emissione congiunta di obbligazioni con particolare riferimento:
1. all’articolo 352, paragrafo 1, del TFUE per l’attuazione di una soluzione che preveda una parziale emissione congiunta di debito senza necessità di procedere a una modifica del trattato;
2. all’articolo 125 del TFUE e alle sue implicazioni per le tre modalità di emissione possibili, ovvero responsabilità collettiva, responsabilità individuale e responsabilità in solido;
3. e contempli, sulla base degli articoli 121 e 136 del TFUE, un quadro per la vigilanza e le segnalazioni finalizzato non solo al monitoraggio, con cadenza trimestrale, dei progressi realizzati dagli Stati membri ma anche al coordinamento dell’emissione di strumenti di debito sovrano esclusi dai vari quadri di mutualizzazione esistenti.
Dotare l’Unione Europea di un quadro solido e completo che tenga conto anche della prevenzione di crisi future è un primo passo verso un’Europa unita e solidale. La moneta unica sta privando i paesi membri di utilizzare la svalutazione come strumento di regolazione della bilancia dei pagamenti. A ciò bisogna porre rimedio con uno strumento valido. Le obbligazioni europee potrebbero finanziare politiche strutturali, sociali e regionali. Troppa enfasi è stata data alla progettazione di meccanismi di protezione e controllo (six pack e two pack) e poco a meccanismi di prevenzione di una crisi e alle conseguenze che ne derivano. L’adozione degli Eurobond diminuirebbe il rischio di default per i paesi più deboli.
Non dimentichiamoci che i paesi forti di oggi potrebbero diventare i paesi deboli di domani. Con questo strumento si potrebbe incoraggiare la disciplina fiscale sostenendo la crescita economica e l’integrazione europea. Altre proposte saranno poste all’attenzione della comunità scientifica e dei cittadini (ad esempio una recente è la proposta PADRE acronimo di Politically Acceptable Debt Restructuring in the Eurozone).
Rimane la questione seria di come gestire unitariamente il debito europeo in caso si adottasse questo tipo di proposta.
Resta il dilemma cruciale se i paesi membri sono disposti a privarsi totalmente o parzialmente della libertà di emissione di titoli del debito pubblico nazionali.
L’Italia comunque deve far parte dei gruppi di esperti che decidono dei nostri destini nel bene e/o nel male.
Bibliositografia
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Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia CONVEGNO IN ONORE DI MARCO ONADO Dipartimento di Economia “Marco Biagi” Verso l’unione bancaria europea: in fondo a una strada lunga e tortuosa – Intervento del Direttore Generale della Banca d’Italia Salvatore Rossi, Modena 15 gennaio 2014.
Consiglio dell’Unione Europea e Commissione Europea – LIBRO VERDE sulla fattibilità dell’introduzione di stability bond Bruxelles, 25 novembre 2011
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