di Franco Mostacci
L’intricata vicenda del Muos di Niscemi (un comune in provincia di Caltanissetta di quasi 30.000 abitanti in zona sismica all’interno di una Riserva Naturale) e il clamoroso voltafaccia del Governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, vede come protagonisti anche due enti pubblici di ricerca: l’Ispra e l’Istituto Superiore di Sanità (Iss).
Il Muos (Mobile User Objective System) è un sistema satellitare ad alta frequenza della difesa americana formato da tre grandi antenne paraboliche e due antenne elicoidali. Nel 2011 le autorità nazionali competenti hanno approvato la realizzazione del Muos all’interno della base militare NRTF (Naval Radio Transmitter Facility) di Niscemi, attiva dal 1991, dove sono presenti 46 grandi antenne. Una condizione, quindi, già critica per i possibili effetti di inquinamento elettromagnetico sulla salute della popolazione, difficilmente valutabili dall’Arpas per le resistenze e le reticenze dei militari americani.
A dicembre del 2012, su ricorso del comune di Niscemi per l’installazione del Muos, il Tar della Sicilia dispone una perizia che viene affidata all’Università “La Sapienza” di Roma e realizzata dal prof. Marcello D’Amore.
L’8 gennaio del 2013, il Parlamento regionale siciliano approva una mozione con la quale impegna il Governo regionale a revocare in via di autotutela le autorizzazioni per la realizzazione del Muos, in assenza di un idoneo parere sanitario sugli effetti delle emissioni elettromagnetiche sulla salute umana, da aggiungere a quelle già causate dal NRTF, e sul possibile rischio da interferenze con gli aeroporti della zona.
Con la delibera 61 del 5 febbraio 2013 la Giunta regionale della Sicilia revoca i provvedimenti di autorizzazione alla costruzione del Muos e con atto di intervento del 25 febbraio la Presidenza della Regione si associa al comune di Niscemi nella richiesta di annullamento pendente davanti al Tar.
L’11 marzo si svolge un incontro tra il Governo italiano e la Regione Sicilia che decidono congiuntamente di affidare all’Istituto Superiore di Sanità l’incarico di redigere una valutazione previsionale sull’impatto dell’installazione del sistema Muos in termini di potenziali livelli di esposizione dei campi elettromagnetici e dei possibili effetti sulla salute umana, avvalendosi dell’operato dell’Ispra per quanto concerne le misurazioni.
Il 29 marzo l’Assessorato al territorio e ambiente della Regione Sicilia dispone una nuova revoca dell’autorizzazione, considerato che nel frattempo i lavori non sono stati interrotti, pare per il mancato recapito della precedente delibera trasmessa a mezzo posta ordinaria.
Il 16 aprile il Ministero della Difesa presenta un ricorso al Tar per chiedere l’annullamento di tutti i provvedimenti con i quali è stata revocata l’autorizzazione per la costruzione del Muos.
Il 17 giugno l’Iss rilascia una relazione preliminare, priva delle misurazioni sul campo effettuate successivamente dall’Ispra e del parere degli esperti nominati dalla Regione Sicilia, i professori Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu del Politecnico di Torino, già consulenti per il comune di Niscemi.
Il 20 giugno, con un comunicato stampa lo stesso Iss precisa che i lavori non sono ancora terminati.
Con ordinanza del 9 luglio il Tar respinge la richiesta di sospensiva avanzata dal Ministero della Difesa, ritenendo prioritario e assolutamente prevalente il principio di precauzione (art. 3 ter, dlgs 152/2006), nonché l’indispensabile presidio del diritto alla salute della comunità di Niscemi, non assoggettabile a misure anche strumentali che la compromettano seriamente fin quando non sia raggiunta la certezza assoluta della non nocività del sistema Muos; sussistendo seri dubbi anche in ordine all’incidenza e alla pericolosità del sistema in questione sul traffico aereo della parte orientale dell’Isola (aeroporti di Comiso, Sigonella e Catania).
Le cose si mettono veramente male per la marina americana e il ministero della difesa italiano, ma la legittima esultanza della popolazione per lo scampato pericolo dura poco.
Con atto unilaterale del 24 luglio 2013, incurante dei due procedimenti pendenti presso il Tar, l’Assessorato al territorio e ambiente della Regione Sicilia ritiene che non sussistano più i presupposti per l’applicazione del principio di precauzione e dispone l’annullamento dei provvedimenti di revoca delle autorizzazioni per la costruzione del Muos.
La chiave di volta – ma in questo caso si potrebbe parlare anche di svolta – sembrerebbe essere la relazione conclusiva dell’Iss che resta un’araba fenice, dato che l’Istituto stesso, più volte sollecitato dal Foglietto, ha ritenuto di non poterla trasmettere, invitando la redazione a rivolgersi ai committenti, ovvero, tra gli altri, alla Regione Sicilia, che a sua volta tace.
Ebbene, in questa relazione, secondo quanto brevemente estratto dall’Assessorato, si leggerebbe che “I risultati delle misure sperimentali effettuate dall’Ispra indicano che tutti i limiti della legislazione italiana in materia di protezione della salute umana dai campi elettromagnetici sono attualmente rispettati in larga misura…Non sono prevedibili rischi dovuti agli effetti noti dei campi elettromagnetici e anche nell’ipotesi poco probabile di un puntamento delle antenne paraboliche a livello del terreno, o comunque nella direzione di persone…si ritiene che tali rischi possano essere considerati del tutto trascurabili. Per quanto riguarda le possibili interferenze su apparecchi elettromedicali, non sono prevedibili particolari problemi connessi alla messa in funzione delle antenne Muos…”.
Lo stesso governatore Crocetta, il 12 agosto in un’infuocata (non solo per il clima torrido) seduta dell’Assemblea Siciliana, scarica sull’Iss la responsabilità del suo atto politico di revocare la revoca alla costruzione del Muos:
“L’Istituto Superiore di Sanità dice che il progetto MUOS non supera i limiti di emissione previsti dalla legge, e siccome io sono una persona che rispetta la legge e siccome sub legis et libertatem, la libertà e la democrazia sono regolati dalla legge, perché ognuno di noi può avere tutte le opinioni ideologiche e politiche che vuole – MUOS si, MUOS no – ma io qui non sono interprete di una ideologia, prima di tutto sono l’interprete della legge, e non ho i poteri di revocare i trattati politico-militari! L’unica cosa dove la Regione poteva intervenire era quella della tutela e della difesa dei cittadini, ed un Istituto Superiore, al di sopra delle parti, dice che questa tutela è rispettata, ed io non ci posso fare nulla!”.
Peccato per Rosario Crocetta che sia il prof. D’Amore (perito nominato dal Tar), che i due esperti della Regione Sicilia – i suoi esperti – siano di tutt’altro avviso sulla pericolosità del Muos.
In particolare, Zucchetti e Coraddu, insieme ad altri 5 esperti del settore hanno redatto un corposo documento, aggiornato al 21 luglio, in cui contestano puntualmente le considerazioni dell’ISS, che in assenza di un modello previsionale per valutare l’effetto congiunto del futuro impianto Muos e delle attuali sorgenti di emissione, sono giudicate “eccessivamente semplificate oltre che parziali”.
L’Iss è anche accusato di aver utilizzato la normativa EPA (US Environmental Protection Agency) “difforme rispetto a quella in vigore in Italia, che ha condotto a distorsioni nei risultati e a conclusioni paradossali e inconsistenti, addirittura opposte a quanto previsto dalla normativa di sicurezza italiana”.
Non va meglio per l’Ispra che nell’effettuare le misurazioni non avrebbe “prodotto un modello previsionale dell’irraggiamento prodotto, previsto dalla normativa e assolutamente indispensabile anche solo per interpretare i risultati delle misure… non sembra siano state rispettate le condizioni di “massima emissione possibile” previste dalla normativa per queste verifiche e i punti di misura prescelti sono in numero troppo ridotto e non comprendono le zone di massimo irraggiamento precedentemente individuate. Oltretutto la procedura prescelta non consente un confronto semplice e diretto con le misure di ARPAS… Le differenze sono talmente forti da rendere i risultati di difficile interpretazione, soprattutto in mancanza di un modello previsionale con il quale confrontarsi”.
Sussistono, insomma, sufficienti evidenze per evitare di prendere decisioni affrettate – come invece è avvenuto – e applicare fino in fondo il principio di precauzione nell’interesse supremo della salute della popolazione di Niscemi, della protezione dell’ambiente e della conservazione del territorio. Ma ancora una volta sembrano prevalere interessi di altra natura, suffragati dal comportamento di enti di ricerca, i quali dovrebbero invece avere tutto l’interesse a rendere pubblico il loro operato.
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