L’Italia avrebbe una grande occasione: “per uscire dal tunnel” potrebbe utilizzare efficacemente i fondi europei 2014-2020, potrebbe creare nuova occupazione, potrebbe migliorare le condizioni economiche delle famiglie e potrebbe gestire efficientemente i beni comuni. I dati disponibili da Open Coesione fanno capire meglio la logica che ha accompagnato la programmazione 2007-2013 dei vari progetti europei cofinanziati[1] (gli esiti sono stati pietosi come è esplicativo in questo video) e come parte delle risorse dei fondi europei 2007-2013 sono andate sprecate, occasioni di sviluppo mancate. Per non ripetere gli stessi errori bisogna stavolta partire con una marcia in più, bisogna monitorare step by step le varie fasi del processo di finanziamento dei nuovi progetti europei e ridurre la burocrazia come ad esempio le articolate e complesse procedure comunitarie. Bisogna cercare di predisporre un sistema di rilevazione delle informazioni su chi beneficia concretamente dei singoli progetti; quale valore aggiunto apporta in concreto il progetto al territorio o alla società o specificamente alle imprese o ai suoi cittadini etc.– Bisogna ridurre l’esternalizzazione delle competenze chiave dei fondi europei cioè la dipendenza delle istituzioni all’utilizzazione dei consulenti specialistici che non permettono una gestione efficace e tempestiva dei fondi europei e nel contempo bisogna valorizzare e formare il capitale umano disponibile all’interno delle Istituzioni pubbliche.
-Bisogna attivare più partecipazione dei cittadini nei processi di controllo democratico (cittadini, associazioni, comitati e sindacati) su tutti i progetti finanziati attraverso i Fondi Strutturali.
-Bisogna monitorare sulla trasparenza con il supporto di uno strumento importante introdotto con la normativa Dlgs 33/2013 che è l’accesso civico attivabile da tutti i cittadini che rilevano inadempienze in questo ambito della gestione dei progetti europei per chiedere la pubblicazione di tutto il materiale informativo.
In definitiva ad ogni livello territoriale bisognerebbe attivare un vero e proprio rapporto di monitoraggio sulla trasparenza dei fondi europei. Purtroppo ad oggi non esiste un unico sito istituzionale europeo di raccolta di tutti i progetti comunitari finanziati dalla Commissione perché ogni programma ha il proprio sito istituzionale, potrebbe essere strategico avere un unico sistema informativo che raccoglie tutti i progetti finanziati in europa per conoscere tutti i risultati conseguiti per l’Italia.
Con le risorse disponibili[2] sono molteplici i nuovi fondi strutturali europei[3] che danno ottime possibilità di sviluppo. Le novità della nuova programmazione 2014-2020, su indicazioni comunitarie, vanno nella direzione di programmi plurifondo (cioè FSE+ FESR+ FEASR+FEAMP).
L’azione di ciascuno dei Fondi Europei fissa obiettivi tematici (anziché territoriali come era nella precedente programmazione). I finanziamenti possono essere a gestione diretta, ovvero bandi di gara pubblicati direttamente sulla GUCE (Gazzetta Ufficiale Commissione Europea), oppure a gestione indiretta cioè tramite enti degli stati membri.
I programmi comunitari a gestione diretta della Commissione Europea coprono solo il 22% dei fondi. Ogni anno le direzioni della Commissione pubblicano i programmi di lavoro annuale sul proprio sito Internet. Ogni programma di lavoro fissa le linee guida delle sovvenzioni che sono previste nel corso dell’anno (area di attività, obiettivi, tempi, budget a disposizione, criteri di ammissibilità, etc …). Successivamente, le direzioni invitano a presentare proposte sulla base dei quali i candidati devono presentare, entro un termine determinato, una proposta di progetto, che corrisponda agli obiettivi perseguiti e soddisfi le condizioni richieste. Le domande possono essere presentate direttamente alla Commissione europea o all’agenzia esecutiva che gestisce il programma[4].
Una buona parte dei fondi strutturali dell’Unione Europea sono a gestione indiretta ovvero gestiti a livello nazionale o regionale e i progetti sono selezionati dalle autorità competenti (oltre il 76% del bilancio dell’Unione europea è gestito dai paesi membri). I beneficiari possono essere enti pubblici e/o soggetti privati e i finanziamenti arrivano direttamente alla pubblica amministrazione che rappresenta l’Autorità di Gestione e ne sono parte i ministeri di riferimento per ciascun tematica e le Regioni e gli enti locali. L’ammontare di risorse europee per l’Italia per il 2014-20 sarà di circa 30 miliardi, come ha detto il Governo, a cui si aggiungerà il cofinanziamento nazionale nell’importo e nelle modalità che il nostro esecutivo deciderà di stabilire, in questo caso le risorse per l’Italia potrebbero raddoppiare. Con l’accordo di partenariato l’Italia si impegna a fare un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020[5] con l’indicazione della necessità di adottare misure strutturali per migliorare la capacità di gestione dei fondi europei nelle regioni del Sud Italia[6]. Ma sarà vero?
Non lasciamoci sfuggire questa grande occasione di sviluppo. Non basta spendere i fondi europei, bisogna spenderli “bene”, investendo in quei settori strategici ad alto valore aggiunto. Bisogna mettere da parte progetti faraonici e fantasiosi, costruiti sul nulla, e partire con proposte concrete. Le Regioni italiane hanno il dovere di fare bandi chiari, mirati e trasparenti, con tempi accettabili per presentare le domande e massima trasparenza su tutta la documentazione necessaria: troppo spesso questi fondi hanno rappresentato soltanto “occasioni clientelari” che hanno determinato benefici privati ma non di sviluppo. La trasparenza, la meritocrazia, le sovvenzioni a progetti sostenibili, la riduzione di burocrazia sono obiettivi fondamentali. Invertiamo la rotta per non perdere questa grande occasione.
Note
[1] La “capacità di spesa” è l’indicatore chiave della Commissione Europea per valutare le performance delle amministrazioni pubbliche che gestiscono i fondi comunitari.
[2] Come è noto il Parlamento europeo ha approvato il quadro finanziario pluriennale (QFP) dell’Unione. L’Unione europea, tra il 2014 e il 2020, investirà circa 1 000 miliardi di euro nella crescita e nell’occupazione.
[3] L’Europa mette a disposizione dei fondi erogandoli in base alle richieste che riceve dai singoli Paesi membri che a loro volta sono suddivisi in amministrazioni provinciali, regionali e comunali. I principali fondi sono: il fondo sociale europeo (FSE), il fondo europeo di sviluppo regionale, il fondo europeo per gli investimenti (FEI), fondo di coesione (FC), il fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (Feg), il Fondo di solidarietà dell’Unione europea (Fsue) e infine il Programma per il cambiamento sociale e l’innovazione. I finanziamenti UE a fondo perduto sono invece di diversa natura e abbracciano un’ampia gamma di servizi, come ad esempio i programmi di microcredito previsti per i lavoratori autonomi e imprese con meno di dieci collaboratori. In questo caso l’UE non concede direttamente il credito a persone o imprese, ma fornisce garanzie, prestiti e capitali a intermediari; ciò cosa significa? che a loro volta potranno concedere prestiti alle piccole imprese o mettere a loro disposizione capitali.
[4] I regolamenti sui programmi legati ai fondi europei, entrati in vigore a dicembre 2013, sono: 1) Programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (COSME)(2014 – 2020)2) “Erasmus+”: il programma dell’Unione per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport” Programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) norme di partecipazione -3) Orizzonte 2020Programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020Istituto Europeo innovazione e tecnologia 4) Programma per l’ambiente e l’azione per il clima (LIFE) 5)<Programma Europa creativa (2014-2020) 6)Programma dell’Unione Europea per l’occupazione e l’innovazione sociale (“EaSI”) e 7) strumento europeo Progress di microfinanza per l’occupazione e l’inclusione sociale. Fonte: Gazzetta ufficiale europea.
[5] Con la nuova politica di Coesione territoriale si dà maggiore enfasi al ruolo delle città, alle aree geografiche funzionali ed a quelle che affrontano specifici problemi geografici o demografici e infine alle strategie macroregionali. Ciascun programma è regolato da un regolamento che è un atto obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
[6] Le linee guida di ogni singolo accordo di partenariato tra Stato e Ue saranno essenzialmente definite a livello nazionale (“home grown commitment”) e si baseranno sui programmi nazionali di riforme (Pnr) varati dai governi, oltre che sulle raccomandazioni specifiche per Paese della Commissione europea. Sarà poi compito proprio dell’esecutivo comunitario assicurarsi che gli impegni presi da ogni Stato membro vengano rispettati. Stati membri e istituzioni europee lavorerano per “esplorare tutte le possibili opzioni sull’esatta natura del meccanismo di solidarieta” (ad esempio se sotto forma di prestiti o garanzie), ma nella bozza è precisato che questi ‘incentivi’ economici non dovranno essere utilizzati come misure di compensazione delle entrate (“income equalization”) e che ”non avranno alcun impatto sul quadro finanziario pluriennale” dell’Ue.
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