Si sostiene che il premier Renzi e il ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Marianna Madia, hanno voluto precisare che il prolungamento dello stop agli stipendi degli statali era già previsto dal Def, il documento di programmazione economica e finanziaria. Quindi si potrebbe pensare nulla di nuovo all’orizzonte già pianificato da tempo. Ma sappiamo bene che il MEF ha già sottolineato che nel DEF non c’è nessun riferimento a ipotesi di blocco dei rinnovi contrattuali perchè le previsioni contenute nel DEF sono elaborate sulla base della legislazione vigente; allora perché questa inopportuna precisazione?
Sarebbe bene ricordare al premier e al ministro che lo stop agli stipendi pubblici non è uguale per tutti i dipendenti. Dal sito lavoce.info possiamo leggere che “abbiamo circa 48.000 dirigenti pubblici con una retribuzione media di 79.100 € (3.600 euro netti mensili, ma i dirigenti apicali superano i 5.000 euro); il loro costo è quindi di circa 3,8 miliardi annui per le casse pubbliche, dei quali il 20 per cento circa (cioè 760 milioni annui) rappresentati dalla cosiddetta retribuzione di risultato. Che cosa è la retribuzione di risultato?
Introdotta alla fine degli anni novanta dalle “leggi bassanini”, essa voleva superare lo strumento degli scatti di anzianità per introdurre il concetto di raggiungimento degli obiettivi: se a fine anno avrai raggiunto gli obiettivi che l’amministrazione ti ha assegnato, riceverai il premio o parte di esso”. Ma a questo doveva seguire il feedback dell’utenza quale elemento centrale nella valutazione non tanto del risultato o del raggiungimento dell’obiettivo da parte del singolo dirigente, ma del raggiungimento degli obiettivi da parte dell’amministrazione nel suo complesso in termini di mission”.
INVECE
“La quasi totalità degli enti pubblici italiani ha adottato una formula di premio individuale e non collettivo, senza traccia di gradimento esterno (tranne qualche caso in sanità) e non di rado è il dirigente stesso (non solo apicale) che si programma gli obiettivi, con l’ovvia precauzione di fissare l’asticella ad una altezza raggiungibile abbastanza facilmente”.
Gli obiettivi sono generalmente di tipo individuale, ma nella pubblica amministrazione sono sostanzialmente di gruppo.
Si dovrebbero prevedere a cascata anche per la gerarchia sottostante delle indennità di risultato o dei riconoscimenti economici anche per assicurare un’equa politica retributiva nel comparto pubblico. Ma invece la dirigenza continua a percepire la retribuzione di risultato e nel contempo tutto il personale della PA è sottoposto al blocco delle retribuzioni. Scusate ma secondo voi i risultati raggiunti dai dirigenti pubblici come li perseguono se non ci fosse il lavoro sempre maggiore che svolge il personale sottostante?
“Si è parlato del tetto massimo per i bonus dei dirigenti pubblici, fissato al 15% dello stipendio. La “retribuzione di risultato” deve poi essere collegata ad obiettivi fissati per l’intera amministrazione sia al singolo dirigente, oltre che all’andamento del Pil (si è parlato di un +1,3% come obiettivo minimo). Potrà esserci la revoca dei manager “anche in relazione al mancato raggiungimento degli obiettivi”, mentre la durata degli incarichi è fissata in tre anni, “rinnovabili previa partecipazione alla procedura di avviso pubblico”. Ma di tutto ciò detto a parole non si trova ancora traccia scritta.
Verba volant scripta manent!
Nelle proposte di revisione della spesa pubblica di Cottarelli si affronta proprio il problema della retribuzione delle alte cariche pubbliche. Una riduzione degli stipendi è già stata proposta a settembre 2013 attraverso come detto l’imposizione di tetti alla retribuzione. Ma bisogna calare le retribuzioni in maniera più incisiva e per tutti, anche in previsione di un blocco degli stipendi pubblici fino al 2020.
Come si nota dalla figura seguente estrapolata dal lavoro sulla spending review di Cottarelli se confrontiamo il rapporto tra retribuzioni lorde dei dirigenti pubblici e reddito procapite rispetto ad altri paesi l’Italia presenta valori nettamente superiori rispetto agli altri partner europei. Se poi consideriamo che l’inflazione è ai minimi storici nell’insieme dell’euro zona, “l’inflazione annua è scesa allo 0,4% a luglio 2014, il tasso più basso da ottobre 2009”. Non è possibile giustificare retribuzioni ed indennità di risultato così elevate e soltanto per la dirigenza pubblica.
Se poi aggiungiamo il fenomeno di più incarichi pubblici che facciano capo ad una sola persona e ciò significa non solo un accaparramento indebito di funzioni e di posti che potrebbero essere affidate ad altri individui, ma sostanzia situazioni di arricchimento e di potere fuori portata e fuori controllo. Una legge recente ha affrontato il problema in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico ma tutti gli incarichi che un dirigente pubblico può ricoprire presso enti privati non è stato regolamentato. E soprattutto non è stato per niente affrontato il problema del cumulo degli incarichi.
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